italiano

Versi per Primo Levi            / Almog Behar

translation: Benedetta Cordaro

Nel luogo dove nessuna preghiera può salvare

tutte le parole sono preghiere, e bere

minestra da un piatto diventa la melodia di una preghiera.

E i colpi, e il freddo, e la fame e il numero tatuato sul tuo braccio

anch’essi sono estratti da un libro di preghiere.

Quando i pesanti cancelli di Auschwitz si aprirono e le ombre delle persone ne emersero

Dio sedeva vicino all’apertura e piangeva e implorava perdono

e pregava il suo popolo di assolverlo. E’ inevitabile

che un uomo ne perdoni un altro,

non c’è nulla di peggio che perdonare Dio.

http://semitismi.wordpress.com/2011/01/26/il-giorno-della-memoria-almog-behar/

שורות לפרימו לוי

בַמקום ממנו אף תפילה לא תציל

כל המילים הן תפילות, וגם שתיית

מרק מפינכה נעשית ניגון של תפילה.

והמכות, והקור, והרעב, והמספר המוטבע ביד,

לקוחים גם הם ממחזור התפילות.

כשנפתחו שעריי אושוויץ הכבדים ויצאו צללי האנשים

ישב אלוהים סמוך לַפתח וּבכה וּביקש מחילה

והתפלל לעמו שיסלח לו. סליחות אדם

לאדם אין מהן מנוס,

אין נורא מסליחה לאלוהים

Midrash per il nuovo Tempio  / Almog Behar

translation: Benedetta Cordaro

Le preghiere sostituirono i sacrifici

quando Dio distrusse il Tempio

e sparpagliò Israele tra le nazioni.

In seguito i tedeschi raccolsero

i distanti figli di Israele

e abolirono le preghiere

e restaurarono i sacrifici

per i nuovi templi che avevano costruito in Europa.

[Il termine olocausto indica il sacrificio crudento in cui la vittima è arsa interamente ed è quindi totalmente dedicata alla divinità. Presso il Tempio di Gerusalemme avevano luogo anche altri tipi di sacrifici: sacrifici cruenti parziali (in cui parte della vittima rimaneva a disposizione dei sacerdoti) e sacrifici non cruenti (vino, frumento, primizie).]

מִדרש לְבֵית הַמִקְדש הַחדש

הַתפִילוֹת החלִיפוּ אֶת עבוֹדת הַקוֹרבנוֹת

כְשֶאלוהים החרִיב את בֵית הַמקדש וּפיזר את יִשראל בַעמִים

וְאז קִיבצוּ הַגרמנִים אֶת נִדחֵי יִשראל

וּבִיטלוּ אֶת הַתפִילוֹת וְהשִיבוּ אֶת עבוֹדת הַקוֹרבנוֹת לְבתֵי הַמִקדש

הַחדשִים שֶהם בנוּ עַל אדמת אֵירוֹפָה

Piccoli gesti          / Almog Behar

 

translation to Italian: Antonino Carillo
Un uomo si salva con piccoli gesti.
Con i ricordi quando tutti dimenticano,
sopportando le ferite quando tutti stanno bene,
con il silenzio quando tutti ridono
e sorridendo quando tutti stanno in silenzio.
Si contiene con le incrinature quando tutti infieriscono
con prove che lui raccoglie quanto tutti scartano,
scoprendo quando tutti nascondono
e dimenticando quando tutti ricordano.
Un uomo si salva con piccoli gesti.

מעשים קטנים

אדם פוֹדה נפשוֹ בְמעשים קטנִים

בְזיכרונות שהוא זוכר כשכולם

שוכחים, בְפצעים שֶהוא סוֹבל כשכוּלם

שמחים, בְשתיקות שֶהוא שותק כשֶכולם

צוחקים, בְחיוכים שהוא מחייך כשכוּלם

שוֹתקים, בְסדקים שהוּא עוֹצר כשכוּלם

ממשיכִים, בְראיות שֶהוא אוסף כשֶכולם

משלִיכִים, בְפתחים שהוא מגלה כּשכּולם

מסתירִים, בְשכחה שהוא שוכח כשכולָם

זוֹכרִים, אדם פוֹדה נפשוֹ

בְּמעשִים קטנִים

 

http://semitismi.wordpress.com/2011/04/26/un-vento-nuovo-%D8%B1%D9%88%D8%AD%D9%8C-%D8%AC%D8%AF%D9%8A%D8%AF%D8%A9-%D7%A8%D7%95%D7%97-%D7%97%D7%93%D7%A9%D7%94-2011/

Un vento nuovo – 2011

Translated by Benedetta Cordaro

Lettera aperta dei giovani israeliani originari dei paesi arabi e islamici ai propri  coetanei in Medio Oriente e Nord Africa.

Noi, come discendenti delle comunità ebraiche del mondo arabo e musulmano, del Maghreb e del Medio Oriente, e come seconda o terza generazione di mizrahim in Israele, osserviamo con emozione e grande curiosità il compito cruciale che hanno assunto molti uomini e donne della nostra generazione all'interno del mondo arabo nelle manifestazioni e nelle proteste a favore della libertà e del cambiamento. Noi ci identifichiamo con loro, abbiamo fiducia che le rivoluzioni in corso raggiungano lo stesso successo ottenuto in Tunisia ed Egitto e proviamo dolore e apprensione alla luce delle numerose perdite in Libia, Bahrein, Yemen, Siria e altrove.

La protesta della nostra generazione contro l'oppressione, contro regimi repressivi e corrotti, e il suo appello al cambiamento, alla libertà, alla istituzione di governi democratici che permettano la partecipazione dei cittadini ai processi politici, rappresentano un momento drammatico nella storia del Medio Oriente e del Nord Africa, lacerato da generazioni tra forze diverse, esterne e interne, che hanno schiacciato i diritti politici, economici e culturali della gran parte dei loro cittadini.

Noi siamo israeliani e siamo i discendenti degli ebrei che vissero in Medio Oriente e in Nord Africa per centinaia e migliaia di anni. I nostri padri e le nostre madri hanno contribuito allo sviluppo di quelle regioni e ne hanno costituito una parte. La cultura dei paesi islamici e il sentimento multi-generazionale di appartenenza a quelle regioni sono componenti inscindibili della nostra identità. Noi ci sentiamo partecipi della storia religiosa, culturale e linguistica del Medio Oriente e del Nord Africa, per quanto possiamo sembrare i figli dimenticati di quella storia. In primo luogo, in Israele lo stesso Stato vede se stesso e la propria cultura come a metà strada tra Europa e Nord America. La situazione è inoltre simile nel mondo arabo che ha accettato più volte la dicotomia tra ebrei e arabi, nonché l'immagine degli ebrei come europei, e ha preferito reprimere la storia degli ebrei arabi considerandola un capitolo marginale o inesistente del proprio passato. Infine, è necessario ammettere, le stesse comunità mizrahi, a causa del colonialismo occidentale, del nazionalismo ebraico e di quello arabo, hanno spesso sdegnato il proprio passato condiviso coi popoli arabi. Molte volte abbiamo tentato di integrarci nelle correnti più forti nella società, cancellando o minimizzando l'importanza del nostro passato. La memoria e la consapevolezza delle enormi influenze reciproche tra la cultura ebraica ed araba è stata messa alla prova nelle ultime generazioni ma è tuttavia possibile vederne i segni in molti aspetti della vita tra cui musica, preghiera, lingua e letteratura.

Desideriamo esprimere la nostra identificazione e la nostra speranza in questo momento di transizione nella storia del Medio Oriente e del Nord Africa. Speriamo che ci sarà spazio per libertà e giustizia e per la distribuzione equa delle risorse. Ci rivolgiamo ai figli e alle figlie della nostra generazione nel mondo arabo e musulmano, auspicando un dialogo onesto che ci coinvolga nella storia e nella cultura della regione.

Guardiamo con invidia alle immagini della Tunisia e di piazza Al-Tahrir alla luce della possibilità di organizzare una resistenza civile non violenta che riesca a trascinare centinaia di migliaia di persone nelle strade e nelle piazze e che costringa infine i regimi alle dimissioni. Anche noi viviamo in una realtà governativa che, nonostante la pretesa apparenza illuminata e democratica, non rappresenta gran parte della popolazione dello Stato, sia nei Territori Occupati che all'interno della linea verde. Questo regime calpesta i diritti economici della maggior parte dei cittadini, vive un processo di riduzione delle libertà democratiche, costruisce barriere di razzismo di fronte alla cultura orientale ebraica ed araba. Tuttavia, a differenza dei cittadini della Tunisia e dell'Egitto, noi siamo ancora lontani dalla capacità di creare solidarietà tra le varie fazioni e i vari gruppi, come invece si è visto in Egitto e Tunisia, siamo ancora lontani dalla capacità di unirci e camminare insieme, tutti gli abitanti, verso le piazze con la richiesta di un regime civile, economico e culturale giusto.

Come mizrahim in Israele, crediamo che la lotta per i diritti economici, sociali e culturali si basi sulla comprensione che il cambiamento politico non può dipendere dalle potenze occidentali che hanno sfruttato la nostra regione e i suoi cittadini per generazioni. Il cambiamento deve derivare da un dialogo intra-regionale e dalla connessione delle varie forme di opposizione attive oggi nei paesi arabi. Questo coinvolge nello specifico anche le lotte dei palestinesi con cittadinanza israeliana per eguali diritti economici e politici all'interno dello Stato e per la fine di politiche razziste, così come coinvolge i palestinesi che vivono sotto controllo militare nei Territori Occupati e a Gaza, che lottano per la fine dell'occupazione e il riconoscimento dell'indipendenza.

Nella nostra lettera precedente, scritta in seguito al discorso di Obama al Cairo nel 2009, abbiamo annunciato il sorgere di una identità mediorientale democratica e la nostra partecipazione ad essa. Adesso speriamo che la nostra generazione in tutto il mondo arabo, islamico ed ebraico, sia una generazione di ponti rinnovati, che superi i muri di ostilità delle generazioni precedenti, che rinnovi il dialogo profondo, senza cui non possiamo capire noi stessi, tra ebrei, sunniti, sciiti e cristiani, tra arabi, curdi, berberi, turchi e iraniani, tra sefarditi e ashkenaziti, tra palestinesi e israeliani. Eredi di un passato comune, guardiamo con immedesimazione e speranza a un futuro condiviso. Crediamo nel dialogo all'interno della regione allo scopo di riparare e restaurare tutto ciò che è stato distrutto dalle ultime generazioni, come via per rinnovare il modello di partecipazione islamica, ebraica e cristiana dell'Andalusia, con l'aiuto di Dio, Inshallah, e come apertura verso una nuova epoca d'oro culturale e storica dei nostri paesi. Questa epoca d'oro non può essere realizzata senza una cittadinanza eguale e democratica, senza una giusta distribuzione delle risorse economiche, senza pari opportunità, senza pari accesso all'istruzione, senza uguaglianza tra donne e uomini, e senza l'accettazione di tutti gli uomini indipendentemente dalla fede, razza, status, sesso, orientamenti sessuali, etnia, come componenti eguali nella costruzione di una società nuova. A questo noi aspiriamo. Siamo impegnati a raggiungere questi obiettivi attraverso un dialogo costante tra tutti i cittadini della regione così come attraverso il nostro dialogo con le diverse comunità ebraiche in Israele e nel mondo.

Firmatari: Shva Salhoov (Libia), Naama Gershy (Serbia, Yemen), Yael Ben-Yefet (Iraq, Aden), Leah Aini (Grecia, Turchia), Yael Berda (Tunisia), Aharon Shem-Tov (Iraq, Kurdistan Iraniano), Yosi Ohana (nato in Marocco), Yali Hashash (Libia, Yemen), Yonit Naaman (Yemen, Turchia), Orly Noy (nata in Iran), Gadi Alghazi (Yugoslavia, Egitto), Mati Shemoelof (Iran, Iraq, Siria), Eliana Almog (Yemen, Germania), Yuval Evri ((Iraq), Ophir Tubul (Marocco, Algeria), Moti Gigi (Marocco), Shlomit Lir (Iran), Ezra Nawi (Iraq), Hedva Eyal (Iran), Eyal Ben-Moshe (Yemen), Shlomit Binyamin (Cuba, Siria, Turchia), Yael Israel (Turchia, Iran), Benny Nuriely (Tunisia), Ariel Galili (Iran), Natalie Ohana Evry (Marocco, Gran Bretagna), Itamar Toby Taharlev (Marocco, Gerusalemme, Egitto), Ofer Namimi (Iraq, Marocco), Amir Banbaji (Siria), Naftali Shem-Tov (Iraq, Kurdistan Iraniano), Mois Benarroch (nato in Marocco), Yosi David (Tunisia, Iran), Shalom Zarbib (Algeria), Yardena Hamo (Kurdistan Iracheno), Aviv Deri (Marocco) Menny Aka (Iraq), Tom Fogel (Yemen, Polonia), Eran Efrati (Iraq), Dan Weksler Daniel (Siria, Polonia, Ucraina), Yael Gidnian (Iran), Elyakim Nitzani (Libia, Iran, Italia), Shelly Horesh-Segel (Marocco), Yoni Mizrahi (Kurdistan), Betty Benbenishti (Turchia), Chen Misgav (Iraq, Polonia), Moshe Balmas (Marocco), Tom Cohen (Iraq, Polonia, Inghilterra), Ofir Itah (Marocco), Shirley Karavani (Tunisia, Libia, Yemen), Lorena Atrakzy (Argentina, Iraq), Asaf Abutbul (Polonia, Russia, Marocco), Avi Yehudai (Iran), Diana Ahdut (Iran, Gerusalemme), Maya Peretz (Nicaragua, Marocco), Yariv Moher (Marocco, Germania), Tami Katzbian (Iran), Oshra Lerer (Iraq, Marocco), Nitzan Manjam (Yemen, Germania, Finlandia), Rivka Gilad (Iran, Iraq, India), Oshrat Rotem (Marocco), Naava Mashiah (Iraq), Zamira Ron David (Iraq) Omer Avital (Marocco, Yemen), Vered Madar (Yemen), Ziva Atar (Marocco), Yossi Alfi (nato in Iraq), Amira Hess (nata in Iraq), Navit Barel (Libia), Almog Behar (Iraq, Turchia, Germania).

http://it.peacereporter.net/articolo/28886/Un+vento+nuovo+nel+mondo+arabo

Un vento nuovo nel mondo arabo | Benedetta Cordaro

Ruh Jedida (Un vento nuovo) è il titolo di una lettera aperta pubblicata nel 2011 sul blogArab Jews e firmata da un nutrito gruppo di intellettuali, poeti, scrittori e artisti israeliani mizrahi.

Il termine ebraico mizrahi significa orientale e indica gli ebrei israeliani originari dei paesi arabi e musulmani. Centinaia di migliaia di ebrei di origine araba si riversarono in Israele dopo la fondazione dello Stato poiché costretti a lasciare i propri paesi. Per decenni è stata denunciata la politica discriminatoria, attenuata negli ultimi anni, operata nei confronti deimizrahim dalla classe dirigente israeliana. La cultura ebraica orientale inoltre è stata messa a dura prova dal processo di omologazione ad un modello culturale unico e di matrice europea.
La lettera, pubblicata con un titolo arabo anche nella versione ebraica, è stata tradotta in varie lingue e ha avuto una diffusione virale soprattutto in Medio Oriente.
Lo scopo dei firmatari della lettera è prendere una posizione precisa di fronte agli avvenimenti della Primavera Araba e manifestare il proprio senso di solidarietà: essi si identificano nelle lotte per la libertà e la democrazia sostenute dai figli della propria stessa generazione nei paesi arabi e sperano nella restaurazione di un dialogo interrotto decenni fa consapevoli della storia e della cultura condivisa da cui provengono.

Mati Shemoelof (1972) e Almog Behar (1978), entrambi poeti, scrittori, giornalisti e critici letterari, coordinano le attività del gruppo e gestiscono il sito arabjews.wordpress.com.

Arab Jews, come è nato il gruppo?

Mati Shemoelof: Il gruppo è nato dall'incessante dialogo tra artisti e intellettuali attivi nell'ambiente Mizrahi. Si può dire che il gruppo abbia mosso i suoi primi passi nel 2007 con la pubblicazione del libro "Risonanze di un'identità: la terza generazione scrive in Orientale" (Tehudot zehut: ha-dor ha-shlishi kotev mizrahit). Tuttavia, la prima posizione politica è stata presa dopo il discorso di Obama al Cairo (2009, n.d.r.) quando abbiamo pubblicato il nostro primo manifesto.

Almog Behar: La lettera è stata scritta con la partecipazione di artisti, intellettuali e attivisti. Dopo aver steso una prima versione, la lettera è stata distribuita ad un gruppo più allargato allo scopo di ricevere correzioni e invitare a sottoscriverla. All'interno del gruppo si trovano persone attive in vari campi e settori, di origine diversa, provenienti da paesi arabi e da paesi musulmani non arabi. Speravamo che a partire dalla varietà di idee che queste perone rappresentano, dalla lotta culturale mizrahi all'interno di Israele, dalla solidarietà con la lotta palestinese contro l'occupazione, dalla lotta di classe ed economica che riguarda ognuno, tutti avrebbero ascoltato le parole della lettera.
Quali sono gli scopi e chi sono i destinatari della lettera?

MS: Lo scopo del gruppo è far sentire la voce della sua complessità, una voce che vede un legame tra passato, presente e futuro della cultura arabo-ebraica e un senso di appartenenza arabo-ebraico come parte di una democrazia che preserva i legami culturali e li trasmette al presente. Non ci rivolgiamo ad un pubblico definito. Abbiamo piantato un seme con cui portare la voce arabo-ebraica ed essa riuscirà nella sua strada a raggiungere pubblici diversi e vari. Se è proprio necessario indicare un destinatario, ovviamente esso è rappresentato dalle giovani generazioni nel mondo arabo che sono in fermento ed rivendicano i propri diritti. Vogliamo emozionarci insieme a loro per il capovolgimento di un ordine oppressivo e per la possibilità di instaurare un nuovo ordine sociale più ampio con un nuovo potenziale democratico.

AB: Viviamo in una situazione in cui molte delle possibilità di dialogo tra noi, mizrahim in Israele, e i nostri coetanei in Medio Oriente e Nord Africa sono bloccate da generazioni. In questo momento di cambiamento (cambiamento politico, culturale e di coscienza) è importante per noi rinnovare il dialogo. Noi non vogliamo e non possiamo vivere come un gruppo isolato in Medio Oriente senza dialogo con il mondo che rappresenta le nostre radici culturali, spirituali e storiche.
Al di là della nostra identificazione nelle lotte per la libertà nel mondo arabo in generale e in quella palestinese in particolare, il nostro desiderio è prenderne esempio nelle nostre lotte in Israele per i diritti e il cambiamento della società. Siamo interessati ad un dialogo culturale sincero con il mondo arabo, nella consapevolezza di esserne parte. In questo momento c'è l'opportunità di crearlo grazie ai recenti avvenimenti e al ricambio generazionale. Ovviamente, la lettera crea anche un dialogo interno, un dialogo intra-mizrahi, intra-ebraico e intra-israeliano. In tutti questi contesti siamo interessati a cambiare l'approccio israeliano in merito al Medio Oriente e a far sì che la voce mizrahi sia sentita anche negli ambienti ebraici al di fuori di Israele.
Cosa vi ha spinto a pubblicare la prima lettera in seguito al discorso di Obama al Cairo nel 2009?

MS: Eravamo entusiasti della nuova posizione di Obama in merito al Medio Oriente.

AB: Speravamo che che il discorso di Obama al Cairo avrebbe posto fine all'epoca delle "crociate" americane condotte da Bush contro il mondo arabo e musulmano. Credevamo che noi, in quanto ebrei che avevano vissuto nel mondo musulmano, non avremmo potuto unirci ad una politica all'insegna dello scontro tra civiltà. Non volevamo identificarci con l'Occidente, con l'Europa e con il Nord America, né col mondo cristiano, poiché abbiamo radici profonde in Medio Oriente e Nord Africa. Ci rendiamo conto delle spaccature provocate dal colonialismo nelle nostre vite e nelle nostre comunità, e in tutto il cosiddetto terzo mondo, quando vediamo la violenza economica e militare delle superpotenze.
La seconda lettera è stata scritta come conseguenza degli eventi verificatisi nello stesso mondo arabo alla nostra generazione, con fiducia nel dialogo all'interno della regione, non mediata dall'Occidente, che troppe volte ha sfruttato la nostra terra e seminato discordia tra i suoi abitanti.
Quali risultati avete ottenuto?

MS: abbiamo raggiunto diversi risultati. In primo luogo siamo diventati un gruppo coeso. In secondo luogo la lettera ha avuto grande diffusione al di fuori di Israele, sia negli Stati Uniti che nei paesi arabi. In Medio Oriente è stata accolta in particolare dalle giovani generazioni.

AB: Il nostro obiettivo principale era che la lettera giungesse al pubblico arabo in tutto il Medio Oriente e Nord Africa, per questo ci preoccupammo fin dall'inizio di tradurre la lettera in arabo e della sua diffusione. Con nostra grande gioia la lettera fu diffusa enormemente in tutto il mondo arabo, in modo particolare dai media palestinesi, e ottenne numerosi riferimenti nei più importanti giornali arabi. La maggior parte delle reazioni furono commosse e e toccate dal ricordo della esistenza arabo-ebraica nel mondo arabo. Ci furono risposte aperte alla nostra richiesta di dialogo. Anche a Hebron, alla conferenza contro l'occupazione e il razzismo, quando abbiamo letto la lettera abbiamo ottenuto una reazione commossa e affascinata da parte del pubblico palestinese.
Cosa desideravate ottenere attraverso la lettera Ruh Jedida?

MS: Eravamo entusiasti per quanto stava succedendo e desideravamo creare una connessione tra le classi oppresse in Israele e lo spirito che anima il mondo arabo.

AB: La Primavera Araba e le ultime rivolte rappresentano un momento drammatico e cruciale nella nostra regione: il desiderio di democrazia, la lotta per i diritti, la possibilità di consolidare la solidarietà tra i differenti strati della società, il successo delle rivolte in Tunisia ed Egitto (rivolte condotte dai propri leader in maniera non violenta), il dato evidente che queste rivolte sono state il frutto di un ricambio generazionale e hanno rappresentato in maniera significativa l'ascesa della nostra generazione nel mondo arabo ad un ruolo centrale nella vita pubblica. La nostra speranza era quella di creare un primo ponte tra noi e i giovani della nostra generazione, all'insegna della solidarietà tra noi e le loro azioni coraggiose. Desideravamo che la memoria degli ebrei figli della cultura araba non scomparisse come invece è avvenuto nelle generazioni precedenti sia a causa di Israele sia a causa dei movimenti nazionalisti arabi.
Quali reazioni avete suscitato nel pubblico israeliano? In particolare, quali differenze avete individuato tra le reazioni dei mizrahim, degli arabi israeliani e degli ebrei israeliani in generale?

MS: La reazione è stata una reazione davanti ad una notizia. Noi avevamo una notizia, ma non credo che molti si siano soffermati ad osservare in maniera approfondita. Da una parte erano contenti che levassimo la nostra voce, dall'altra c'era il timore di metterci in relazione con il mondo arabo che in Israele è considerato nemico.

AB: Per quanto riguarda i mizrahim in Israele, penso che molti abbiano una posizione ambigua. Da una parte, dal punto di vista culturale e linguistico, sentono un forte legame con il mondo arabo, che parte di loro ha tentato di cancellare in Israele. Tuttavia, parte di questi legami ancora resiste e si rafforza negli anni come parte dell'onda di cambiamento che passa sulla terza generazione dei mizrahim in Israele. Dall'altra parte, il legame che abbiamo creato tra contesto culturale e politico minaccia molti di coloro che desiderano rimanere nel grembo caldo del mainstream israeliano. Anche di fronte alle dimostrazioni nel mondo arabo io credo che ci sia ambiguità nei sentimenti dei mizrahim. C'è un numero non indifferente di persone che si immedesima e identifica, molto più di quanto non mostrino i media israeliani, ma dall'altra parte c'è la paura, la prospettiva minacciosa riportata dai mezzi di comunicazione. Nel pubblico palestinese, sia in Israele che nei Territori Occupati, ci sono state molte reazioni positive: la lettera è stata pubblicata dai principali mezzi di comunicazione palestinesi e come anticipato la lettera è stata letta anche in occasione della conferenza di Hebron. Per quanto concerne il pubblico israeliano in generale, dal nostro punto di vista possiamo dire di aver ottenuto un posto centrale per far sentire la voce mizrahi ponendola come alternativa al discorso generale dominante nei media, affinché si sappia che c'è più di una possibilità per osservare la situazione, nella speranza di influenzare a lungo termine il processo di pace palestinese e di approfondire il legame col mondo arabo senza voltargli le spalle.
Quali risposte dai paesi arabi?

AB: I commenti pubblicati sui giornali erano interessati e simpatizzanti. I media palestinesi sono ben disposti verso la posizione da intermediari tra arabi ed ebrei rivestita dai mizrahim in Israele. Abbiamo ricevuto numerose mail, commenti su facebook e sul nostro sito. Non neghiamo che alcuni dei commenti ricevuti dai media arabi siano state risposte meno favorevoli.

In quale direzione progettate di muovervi?

MS: Vogliamo tener viva la fiamma e far sentire la nostra voce mizrahi senza soccombere ad un pensiero eurocentrico o alla visione egemonica dello Stato di Israele

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